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Molti artisti parlano della violenza e della sofferenza del mondo contemporaneo come di cose che fanno parte della vita. La sofferenza è parte del mistero umano, la si può sussurrare, raccontare, gridare, negare, reprimere. Con la loro sensibilità, con la capacità di vedere oltre le apparenze e con le loro abilità manuali, gli artisti la sanno rappresentare in modo intenso e profondo. Anche Giacomo Leopardi la pensava allo stesso modo. Nel testo intitolato “Un giardino di sofferenza”, scritto nel 1826 e raccolto nello “Zibaldone”, Leopardi ci racconta come dietro l'apparente bellezza di un giardino verdeggiante si nasconde una crudele realtà di dolore e sofferenza e una lotta spietata tra gli esseri viventi che lo popolano. Video ©PGTEENS
Molti artisti parlano della violenza e della sofferenza del mondo contemporaneo come di cose che fanno parte della vita. La sofferenza è parte del mistero umano, la si può sussurrare, raccontare, gridare, negare, reprimere. Con la loro sensibilità, con la capacità di vedere oltre le apparenze e con le loro abilità manuali, gli artisti la sanno rappresentare in modo intenso e profondo. Anche Giacomo Leopardi la pensava allo stesso modo. Nel testo intitolato “Un giardino di sofferenza”, scritto nel 1826 e raccolto nello “Zibaldone”, Leopardi ci racconta come dietro l'apparente bellezza di un giardino verdeggiante si nasconde una crudele realtà di dolore e sofferenza e una lotta spietata tra gli esseri viventi che lo popolano. Video ©PGTEENS